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26 giugno 2011

IL GIARDINO DELLE STREGHE (1944)

 
A pleasing land of drowsy head it was, 
Of dreams that wave before the half-shut eye; 
And of gay castles in the clouds that pass, 
Forever flushing round a summer sky.
Il giardino delle streghe si presenta sin dal titolo originale (The Curse of the Cat People) come il seguito del bello e fortunato Il bacio della pantera (Cat People), ma non prosegue né condivide nulla della storia precedente, a parte i personaggi e alcune tematiche di fondo; e anche il tono dei due film è molto diverso. Il titolo, infatti, fu voluto dalla RKO, desiderosa di bissare il successo del film precedente, nonostante la volonta del produttore Val Lewton di cambiarlo, pare, in Amy and Her Friend.
Dopo la morte di Irena, Oliver e Alice si sono sposati e ora hanno una figlia di sei anni, Amy, sola e immaginativa, che vive in un mondo fatto di sogni e fantasie. Questo la isola ancora di più dai suoi coetanei, che la ritengono strana, dato che è capace di interrompere il gioco appena iniziato per inseguire una farfalla o dare uno schiaffo  al compagno che quella farfalla uccide. Il padre non è molto contento dello stato della figlia e teme che su di lei incomba lo stesso destino di Irena, uccisa dalle sue fantasie e paure. E, per via di una fotografia trovata in un cassetto, proprio della donna prenderà le fattezza l'amica immaginaria di Amy, che compare bellissima nel giardino, il regno delle meraviglie della piccola, che, nel frattempo, ha fatto amicizia con la vecchia Julia Harren, che vive nella vecchia casa accanto con la figlia che ritiene un'impostora.
Il film segna un doppio debutto alla regia, quello di Gunther von Fritsch, che aveva girato fino ad allora solo cortometraggi, e quello di Robert Wise (West Side Story), che rimpiazzò il primo, allontanato perché molto indietro con le riprese; e, benché  non graziato dalla stessa maestria registica di Jacques Tourneur, rimane comunque un'opera bella e delicata sull'infanzia, in cui scompaiono quasi del tutto i tocchi orrorifici per lasciare spazio all'immaginazione e alla fantasia. Siamo di fronte al ritratto dolce di un'infanzia isolata e incompresa, alimentata dalla stessa esperienza personale del produttore, che, nel confronto difficile col mondo reale, trova la sua dimensione in un mondo altro, fatto di favole e magia, in cui il tronco forato di un albero può diventare la buca delle lettere, mentre gli adulti non comprendono e non sanno come comportarsi, tormentati dai fantasmi del passato che incombe e non lascia scampo (tema anche del primo film), aggravando ulteriormente la situazione. Anche i momenti più propriamente horror, allora, sono di stampo fiabesco, come per la vecchia casa infestata tra ombre e grandi scalinate o per il racconto, fatto dalla vecchia proprietaria della casa, della leggenda di Sleepy Hollow, in cui quest'horror fiabesco raggiunge il suo massimo.
Come nel Bacio della Pantera, molte cose, in questo film bello e gentile, restano taciute e allusive, consegnate alla sensibilità dello spettatore (mai si capisce, per esempio, se il fantasma con cui la piccola Amy stringe amicizia sia davvero tale o solo un frutto della sua immaginazione), tant'è che è stato tentato un parallelo con la storia dell'Alice di Carroll (Alice è il nome della madre di Amy, che è spesso vestita come il modello letterario; la signora della vecchia, che ricorderebbe la Duchessa pazza, offre un tea party alla sua giovane visitatrice). Peccato, alla fine, per quest'opera molto apprezzata anche da Joe Dante, che i dialoghi non siano proprio il massimo e lascino spesso a desiderare.
Alla fine della sua carriera, Simone Simon ammise che non amò mai il film e che il cast accettò di girarlo come una sorta di obbligo, di ricompensa, che doveva a Lewton. 

TITOLO ORIGINALE: The Curse of the Cat People – PRODUZIONE: USA 1944 – REGIA: Robert Wise & Gunter von Fritsch – CAST: Simone Simone, Kent Smith, Jane Randolph, Ann Carter – GENERE: Horror – DURATA: 70 min

25 giugno 2011

SCALA AL PARADISO (1946)


Don't be upset about the parachute, I'll have my wings soon anyway, big white ones. I hope it hasn't gone all modern, I'd hate to have a prop instead of wings! 
Con Scala al Paradiso siamo di fronte al primo dei film imprescindibili e assolutamente da vedere della coppia Powell & Pressburger, un capolavoro altamente inventivo, pieno zeppo di trovate, assurdo e meraviglioso.
Alla fine del secondo conflitto mondiale, il capitano Peter Carter, di ritorno da un'azione di bombardamento, col velivolo danneggiato e il paracadute fuori uso, stabilisce un contatto radio coll'operatrice americana June, annunciandole che per lui non ci sono più speranze e che preferisce gettarsi nel vuoto piuttosto che finire arrostito nel suo aereoplano. La donna, colpita dalla determinazione dell'uomo, si commuove e i due, in quel breve scambio telefonico davanti alla morte, si innamorano. Peter si butta, ma miracolosamente si salva, ritrovandosi su una spiaggia soltanto con un certo mal di testa, e, sempre come per miracolo, proprio lì ritrova June. C'è però stato uno sbaglio: l'incaricato che doveva portarlo nell'altro mondo l'ha mancato per via della nebbia inglese e ora per Peter è tempo di lasciare questa vita. L'uomo reagisce, non  ritenendolo giusto, perché le condizioni non sono più quelle di partenza, ora c'è June e l'amore che prova per lei. Otterrà la possibilità di appellarsi al tribunale dell'aldilà, mentre nel frattempo, sulla terra, viene seguito da un dottore per i suoi disturbi alla testa che lo porteranno a sottoporsi a un difficile intervento chirurgico proprio quando, nell'altro mondo, si sta svolgendo il processo.
Il film nasce su suggerimento del governo inglese che voleva promuovere, così come avvenuto anche per Un racconto di Canterbury, le relazioni tra Inglesi e Americani che si erano deteriorate alla fine del conflitto colla presenza di numerosi soldati americani su suolo britannico, ma si rivela un fantasioso apologo sull'amore e i sentimenti, in cui la componente romantica domina su quella politica, tra l'altro stemperata dal tipico humour inglese, in cui l'assunto principale è che «a single tear shed for love might stop heaven in its track», una lacrima di amante raccolta su un fiore che è prova della verità dell'amore tra i due protagonisti, sbocciato, all'inizio, in una sequenza alternata che fa già commuovere dopo appena dieci minuti dall'inizio del film, bello e prezioso anche per la parte più tecnica, con un'alternanza di colore e bianco e nero (originalmente girato in tachnicolor e per questo perlaceo) invertita rispetto al precedente del Mago di Oz. Qui è l'aldilà, per altro mai inteso come paradiso e che può semplicemente essere frutto della mente del protagonista, ad avere l'asetticità ascetica del bianco e nero (tant'è che il divertentissimo messaggero celestiale, un aristocratico francese vittima della Rivoluzione, giunto sulla terra, può esclamare: «one is sterved for Technicolor up there!), mentre la terra sprigiona tutta la sua immensa varietà di colori. 
Altre trovate importanti sono la famosa scala che ad un certo punto congiunge i due mondi, a cui si riferisce il titolo nella versione americana (Stairway to Heaven) e italiana; l'operazione chirurgica vista in soggettiva dal punto di vista dell'occhio di Niven che si chiude; e il fatto che il tempo si fermi, come nella scena del ping pong, quando compare il messaggero dell'aldilà.
Un capolavoro fantastico per forma e contenuti, sorretto da un'ottima prova d'attori, che la rivista Total Film nel 2004 ha inserito al secondo posto dei migliori film britannici dopo solo Carter, benché all'uscita i critici inglesi non fossero troppo contenti del messaggio del film che ritenevano troppo pro-americano.
   
TITOLO ORIGINALE: A Matter of Life and Death – PRODUZIONE: Gran Bretagna 1946 – REGIA: Michael Powell & Emeric Pressburger – CAST: David Niven, Kim Hunter, Roger Livesey – GENERE: Fantasy – DURATA: 104 min

24 giugno 2011

IL BACIO DELLA PANTERA (1942)

  
I like the dark. It's friendly.
Primo di una lunga serie di film prodotti per la RKO da Val Lewton, assunto per realizzare prodotti horror di richiamo commerciale con budget striminzito, al di sotto dei 150.000 dollari, e con titoli forniti dalla stesso studio, che doveva riprendersi dal flop clamoroso dell'Orgoglio degli Amberson di Welles, di cui venne riciclato anche il set, Il bacio della pantera, nato quindi come horror di serie B, è un gioiello che ancora oggi non ha perso il suo smalto, conservando intatto tutto il suo fascino.
L'ingegnere navale Oliver Reed incontra allo zoo la bella e misteriosa Irena Dubrovna, che mostra una strana attrazione per la gabbia della pantera, se ne innamora e la sposa. La donna, però, si ritiene vittima di un'antica maledizione della sua terra, la Serbia, che la vorrebbe trasformata, se eccitata sessualmente, in una feroce pantera capace di uccidere il proprio amato. Oliver, tuttavia, ritiene queste solo paure infondate, e fa vedere la moglie da uno psichiatra, consigliatogli dalla collega Alice, da sempre segretamente innamorata di lui e a cui lui chiede conforto. La loro relazione scatenerà la furia di Irena.
L'orribile e il pauroso non accadono mai apertamente e, mai mostrati realmente, nascono in maniera sottile e si alimentano delle suggestioni e delle paure che il film riesce a creare e a istillare nella mente dello spettatore, grazie ad un sapiente uso delle luci e delle ombre, che spesso avvolgono i personaggi, soprattutto la protagonista, una magnifica Simone Simon, che ispira partecipazione e timore allo stesso tempo, e a scene memorabili ricche di trovate, come quella in cui Alice, nell'oscurità illuminata da pochi lampioni, si sente seguita fino a quando quello che pare un verso di pantera non è altro che il freno di un autobus, o quella in cui sempre Alice si crede attaccata in piscina. La stessa trasformazione felina di Irena non viene mai mostrata apertamente, rimanendo essa stessa un mistero.
Affascinante è anche il sottotesto sessuale basato sulla paura della propria sessualità che porta la protagonista a mai consumare il suo matrimonio e a temere anche solo di baciare l'uomo che ama, ma è paura anche di quella parte oscura e nascosta, recondita e sconosciuta, di noi stessi. E i miti e le superstizioni della nostra terra ci inseguono sempre, anche se quella terra è stata abbandonata. Ancora oggi un ottimo film, bello suggestivo e malinconico.
   
TITOLO ORIGINALE: Cat People – PRODUZIONE: USA 1942 – REGIA: Jacques Tourneur – CAST: Simone Simon, Kent Smith, Tom Conway – GENERE: Horror – DURATA: 73 min

23 giugno 2011

SO DOVE VADO (1945)


I know where I'm going
And I know who's going with me
I know who I love
And my dear knows who I'll marry. 
Costretti ad attendere il technicolor per Scala al paradiso, Powell e Pressburger, allora, mettono su un gioiellino meraviglioso in bianco e nero, per la maggior parte ambientato nel paesaggio selvaggio e magnifico delle Ebridi scozzesi, splendidamente riprese, che ha molti punti di contatto con il precedente Un racconto di Canterbury.
Joan Webster, interpretata da Wendy Hiller che ha preso il ruolo inizialmente pensato per Deborah Kerr, fin da bambina sa dove sta andando e che cosa vuole ottenere dalla vita. Per avere il meglio, ha deciso di sposare un ricco industriale di mezza età, che deve raggiungere nell'isola di Killoran, dove risiede, per le nozze. Giunta sull'isola vicina di Mull, le è impedito raggiungere il promesso sposo per via del tempo inclemente che rende il mare burrascoso. Costretta a soggiornale a Mull, nell'attesa del bel tempo, Joan si innamora dell'ufficiale di marina in licenza Torquil McNeil, interpretato da Livesey che, impegnato a Londra in teatro, mai raggiunse la Scozia dove fu impiegata una controfigura. Anche lui è diretto a Killoran, antico possedimento della famiglia ora ceduto al ricco industriale. Contro la volontà del suo cuore e della natura, Joan decide comunque di imbarcarsi, corrompendo un giovane del posto, incurante dei pericoli del mare in tempesa. Torquil, nonostante sia contrariato, si imbarca anche lui, consapevole del rischio che corrono.
I Know Where I'm Going, il cui titolo riprende una bellissima canzone tradizionale scozzese e irlandese che apre e chiude l'opera, racconta di una storia di amore, sì tradizionale e risaputa, ma scritta, diretta e interpretata magnificamente, in cui tutto è perfettamente al posto giusto e tutto funziona egregiamente. All'amore di comodo, pianificato scrupolosamente come tutte le cose nella vita di Joan, per l'industriale, appettibile solo per il denaro (infatti in due non si vedono mai insieme e dell'uomo si sente solo la voce) si contrappone l'amore del cuore, che sboccia quando e dove meno te lo aspetti, che sconvolge tutti i piani, e a cui è sciocco, oltreché impossibile, resistere.
La scoperta del vero sentimento avviene nel paesaggio incontaminato e rurale delle isole scozzesi, che ha una funzione analoga a quello delle campagne del Kent di A Canterbury Tale, e cioè quella di risvegliare sentimenti naturali e semplici, ma maggiormente "umani", in personaggi che hanno sacrificato se stessi alle richieste della società moderna. E allora l'innamoramente coincide colla scoperta delle bellezze di quel posto bello e primitivo, colle sue danze e i canti in gaelico e gli strani e bizzarri personaggi, gentili e rudi al contempo, come l'ambiente che abitano. E come nel film precedente sul presente si riverberava la tradizione antica dei pellegrini diretti a Canterbury, qui è il mito con le sue leggende e maledizioni a udirsi ancora tra gorghi e manieri.
In definitiva un capolavoro bellissimo che parte in maniere veloce e frizzante come una screwball comedy con trovate magnifiche e divertenti (il cappello a cilindro che si dissolve nel fumaiolo della locomotiva, il sogno bizzarro di Joan in cui il paesaggio scozzese si ricopre di tartan) per poi cedere il passo allo splendore naturalistico delle isole scozzesi, mostrando «the profound effects of nature on people, and that fact the universe can be wondrous and magical place if one keeps open to its vast mysteries».
Il critico Barry Norman lo ha incluso nei 100 migliori film di tutti i tempi, mentre Martin Scorsese ha detto: «I reached the point of thinking there were no more masterpieces to discover, until I saw I Know Where I'm Going».
He shall be chained to a woman until the end of his days and he shall die in his chains.
TITOLO ORIGINALE: I Know Where I'm Going – PRODUZIONE: Gran Bretagna 1945 – REGIA: Michael Powell & Emeric Pressburger – CAST: Roger Livesey, Wendy Hiller, George Carney, Pamela Brown – GENERE: Commedia – DURATA: 92 min

22 giugno 2011

CHRISTOPHER AND HIS KIND (2011)


You're lucky, you're not burned by the concept of sin. And it's a sin, Christopher...although I fully intend to carry on sinning.
Christopher and His Kind è un film per la televisione prodotto dalla BBC molto ben curato in tutti i suoi aspetti, come è consueto per le produzioni della rete, che vanta come protagonista e star quel Matt Smith che è l'undicesimo  dottore nella serie Doctor Who e a cui, proprio per questo, per conservarne la figura "pulita" e adatta a tutta la famiglia, la BBC ha tassativamente proibito di apparire nudo.
Il film drammatizza il libro autobiografico dello stesso titolo di Christopher Isherwood, adattato da Kevin Elyot, in cui lo scrittore ricorda la sua vita nella Berlino dei primi anni '30. La storia viene raccontata a ritroso mentre Isherwood, ormai scrittore a Los Angeles, davanti alla macchina da scrivere si accinge a mettere nero su bianco la sua esperienza a Berlino, in cui si era recato essenzialmente per i ragazzi, come dice lui stesso, accettando l'invito del suo amico e amante occasionale, il poeta W. H. Auden, fuggendo la ristrettezza dell'Inghilterra del tempo e l'autorità della madre. Appena giunto, Christopher si butta alla scoperta della effervescente vita omosessuale del posto e, trovato impiego come insegnante d'inglese, incontrerà strani e bizzarri personaggi, come Jean Ross, che, col sogno di diventare un giorno attrice a Hollywood, canta al cabaret. Nel frattempo, però, il Nazismo prende piede e Christopher decide di tornare in Inghilterra dove cerca di portare anche Heinz, spazzino colla madre malata e il fratello maggiore nazista, con cui ha intanto intrecciato una affettuosa relazione, ma non vi riesce. Lo rincontrerà, sposato e con figli, solo molti anni dopo.
Il film, girato a Belfast, è superbamente interpretato, non soltanto, in una prova mimetica, da Smith, che si è preparato studiando video di Isherwood e incontrando il suo compagno di lunga data, Don Bachardy, ma anche dal resto del cast, in cui spiccano Lindsay Duncan nel ruolo della madre chiusa e autoritaria – e i duetti tra i due sono tra le cose migliori del film – e Pip Carter nel ruolo di Auden a cui sono date le battute migliori («I do loathe the sea. It's so wet and sloppy»). La giovane Imogen Poots, invece, deve vedersela col ruolo difficile di Jean Ross, non fosse altro per il fatto che ha ispirato la Sally Bowles di Cabaret, ma vi riesce egregiamente, sguaiata e impiastricciata di trucco. 
Anche la ricostruzione storica e d'ambiente è più che accettabile, considerata anche la natura televisiva dell'opera, ma, nonostante tutto, il film non convince pienamente. Dopo una prima mezz'ora veloce, divertente e ben girata, con una Berlino gaia che non ti aspetti, il film si perde nella parte restante, via via più drammatica, un po' confusa e non del tutto riuscita, che non sembra mai raggiungere la necessaria intensità. Alla fine, tirando le somme, sufficienza più che meritata, anche per il coraggio di mettere in scena l'omosessualità senza filtri e pregiudizi.

TITOLO ORIGINALE: Christopher and His Kind – PRODUZIONE: Gran Bretagna 2011 – REGIA: Geoffry Sax – CAST: Matt Smith, Imogen Poots, Lindsay Duncan, Toby Jones – GENERE: Biografico – DURATA: 89 min – MESSA IN ONDA: 19 Marzo 2011 (BBC 2)