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26 febbraio 2011

L'APPARTAMENTO (Prosa)


Ieri sera, al Teatro Verdi di Pisa, hanno dato L'appartamento, commedia tratta dal film capolavoro di Billy Wilder, scritto con il fedele I.A.L. Diamond e vincitore di cinque premi Oscar, che è stato adattato per il teatro dallo stesso Dapporto, che ne  è protagonista insieme a Benedicta Boccoli, insieme ad Edoardo Erba per la regia di Patrick Rossi Gastaldi.
C.C. Buxter lavora in una compagnia di assicurazioni e, per scalare presto le gerarchie grazie ad una promozione dopo l'altra, presta il proprio appartamento ai superiori a vantaggio delle loro scappatelle. Questa storia, che dà origini a varie situazioni comiche, va avanti fino a quando a volere l'appartemento è il direttore, che, sposato con prole, frequenta la bella Fran Kubelick, addetta all'ascensore, di cui Buxter è segretamente innamorato.
Si mettono in mostra l'ambizione umana che cerca appagamento come meglio e più velocemente può, in un mondo corrotto fatto di menzogne e sotterfugi. Ma su tutto, carriera, soldi, succeso, può ancora trionfare l'amore sincero.
Grazioso e carino, ma non eccelso, quest'adattamento può contare su attori piuttosto bravi e su belle scenografie retro. Queste, girando su una pedana, danno luogo, di volta in volta, a quattro ambienti diversi (appartamento, ufficio, ristorante, ascensore) e creano sulla scena un'atmosfera newyorkese anni '60 molto colorata, che ricorda l'arredamento della casa di Quando la moglie è in vacanza, altro film di Wilder. Pollice su.

SKYLINE (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Skyline
  • PRODUZIONE: USA 2010
  • REGIA: Colin Strause e Greg Strause
  • CAST: Eric Balfour, Scottie Thompson, Brittany Daniel
  • GENERE: Fantascienza
  • DURATA: 94 minuti
Nello Skyline a budget ridotto dei fratelli Strause, maghi degli effetti speciali e registi di Alien vs Predator, assistiamo ancora una volta all'invasione della Terra da parte degli alieni. Non si avranno certo le risorse di una Guerra dei mondi o di un Indipence Day, punti di riferimento a cui comunque si ammicca, ma si cerca di farcela lo stesso, malamente. 
Il film è tutto un pretesto per mostrare quanto i due registi, nonostante si ritrovino con pochi mezzi, siano bravi a creare mostri alieni degni di questo nome. Tutto il resto (sceneggiatura, attori, regia) è noia. Jarrod (Eric Balfour, visto nella serie Six Feet Under), con fidanzata che scopriamo presto incinta al seguito, va a Los Angeles per il compleanno dell'amico Terry, che abita in un residence di gran lusso. Dopo una notte di bagordi, luci blu penetrano tra le finestre oscurate svegliando tutti, risucchiano chi le fissa. Annunciano l'arrivo degli alieni. Per tutto il tempo a venire i nostri cercheranno di salvarsi la pelle, di resistere e scappare, sempre e solo dentro il residence, tanto per ricordarci non ci si può permettere altro e si fa quel che si può.
Manca tutto. I personaggi, interpretati da attori misconosciuti che certo non si impegnano più di tanto, non sono per nulla approfonditi e per questo poco interessanti; la storia è ben poca cosa, arrivano gli alieni e noi urliamo, ci nascondiamo, fuggiamo e nulla più; ci si annoia dopo la prima scena perché tutto così sciatto, scontato e stupido. C'è chi si arrabbia, mentre gli alieni che stanno fuori dalla finestra distruggono mezzo mondo, perché il fidanzato s'è fatto un'altra e non trova momento migliore per ricordargli, quando forse è ora di pensare a tutt'altro, quanto faccia schifo.
L'unica cosa che si salva è il bel finale, come al solito aperto a nuovi sviluppi (ma si spera vivamente che un sequel mai veda il buio di alcuna sala sulla Terra), che dà sollievo dopo un'ora e mezza di disperazione, dello spettatore. Pollice giù.
 

L'UOMO CHE VERRA' (2009)


  • PRODUZIONE: Italia 2009
  • REGIA: Giorgio Diritti
  • CAST: Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio
  • GENERE: Drammatico
  • DURATA: 117 minuti
L'opera seconda di Giorgio Diritti si distingue dalla mediocrità generale del cinema italiano contemporaneo.
Recitato in dialetto, il film tratta della strage di Marzabotto, in cui perirono, tra il 29 settembre e  il 5 ottobre 1944, 554 adulti e 216 bambini, seguendo la vita della comunità agricola di Monte Sole nei nove mesi precedenti l'eccidio. I nove mesi di una gravidanza, quella di Lena. La figlia di otto anni, Martina, muta da quando le è morto il fratellino tra le braccia, attende con ansia il nascituro ed è suo lo sguardo che lega, e con cui noi vediamo, le vicende cicliche, essenziali e naturali dei contadini. 
Eterno ed immutabile scorre il tempo agricolo, ma questo viene sconvolto dalla guerra e dai soldati tedeschi, con cui l'unico contatto avviene quando questi cercano qualcosa di cui sfamarsi. Alcuni giovani hanno lasciato le famiglie ed ora, imbracciati i fucili, vivono tra i boschi e le montagne per combattere i nemici, mentre la comunità continua il suo ciclo, tra un avvento dei tedeschi e l'altro. 
Film corale con un gruppo di attori, professionisti e non, strepitoso, L'uomo che verrà può godere dell'ottima regia di Diritti, capace di rendere un tempo e un mondo che non ci sono più, scandito da un andamento piano e lento, che però non annoia mai. Pollice su.


25 febbraio 2011

LE AVVENTURE DI SAMMY (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Sammy's avonturen: De geheime doorgang
  • PRODUZIONE: Belgio 2010
  • REGIA: Ben Stassen
  • GENERE: Animazione
  • DURATA: 88 minuti
Film d'animazione tutta europea (belga), Le evventure di Sammy, che richiama senza scampo il confronto con Nemo, è stato pensato essenzialmente per i più piccoli, e può interessare e divertire solo loro.
Si racconta gran parte della vita della tartaruga Sammy, ora in procinto di diventare nonno, dai primi momenti, subito dopo che l'uovo si è schiuso, subito contraddistinti da pericoli e difficoltà. L'avvento minaccioso di un gabbiano gli fa conoscere, fugacemente, la tartarughina Shelly, ed è subito amore a prima vista. Nel viaggio di crescita e formazione per mare, che è la vera storia di questo film,  i due si ritroveranno e perderanno più volte, così come accade per la relazione parallela di amicizia di Sammy con Ray. 
Seguiamo, infatti, le varie tappe di questo perdersi per l'oceano della piccola tartaruga, con una andamento ripetivo e slegato, che presto annoia, di vari quadretti di grande impegno didattico, ambientati in una miriade di ambienti diversi, dalle acque tropicali a quelle ghiacciate dell'Antartide. Tema portante è quello ecologico: il regno marino così bello, colorato e popoloso viene minacciato ora dal petrolio, brutto e sporco, ora da una baleniera minacciosa. L'uomo, animale strano agli occhi degli abitanti del mare, è rappresentato (pessimamente, dal punto di vista grafico) in maniere molto riduttiva o buono o cattivo, o distruttore dell'ambiente o suo salvatore, come nel caso della ragazza hippy che accoglie ad un certo punto il tartarughino e in seguito sarà impegnata in un gruppo ecologista.
Proprio la sua lettura del Giro del mondo in ottanta giorni spinge Sammy anche nel proposito di cercare il "passaggio segreto" che gli permetta di cambiare oceano e vedere così il mondo.
Lasciando da parte tutti i limiti dell'animazione, seppure ottima, che emergono al confronto con quella americana (non solo Pixar), la ripetitività dell'intreccio, i qudretti veloci, leggeri e senza un minimo di tensione, le banalità diffuse danno presto la noia. Pollice giù: solo per bambini.

23 febbraio 2011

THE TOURIST (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: The Tourist
  • PRODUZIONE: USA / Francia 2010
  • REGIA: Florian Henckel von Donnersmarck
  • CAST: Johnny Depp, Angelina Jolie, Paul Bettany, Timothy Dalton, Raoul Bova, Christian De Sica
  • GENERE: Thriller
  • DURATA: 105 minuti
The Tourist, con una coppia d'attori dalla grande attrattiva agli occhi del grande pubblico, è un disastro su quasi tutti i punti di vista e la critica,  sia anglofona che nostrana, non è stata di certo tenera; anzi ha senza pietà demolito il film di Florian Henckel von Donnersmark. Dietro questo lungo e difficoltoso nome si cela il regista del pluriacclamato e pluripremiato regista delle Vite degli altri. Come ha fatto, ci si è chiesti, ha mettere insieme un mostro del genere?
Thriller ambientato, dopo una prima parte francese, nella laguna veneziana, il film è tutto un intrigo ingarbugliato, tra Interpol e scagnozzi russi assoldati da un malavitoso inglese, che vede protagonisti la bell'inglese dalle labbra gommose Elise (Jolie) e un professore di matematica, apparentemente sfigato, del Wisconsin, Frank (Depp), abbordato da lei in treno. Dopo tutta una serie di finti colpi di scena, alla fine si scopre che ciò che si era pensato in principio è vero.
Il film soffre maggiormente, oltre di una trama incredibile, improbabile e improponibile, proprio della coppia protagonista: la Jolie fa la bella statuina come se fosse dietro qualche vetrata di una maison della moda e nessuno crede neanche per un momente che possa essere inglese; Depp è incapace del tutto nel fare la parte del dimesso, finto sprovedduto, dotato di una capellatura da cane bastonato. Molto meglio il cast di supporto con Paul Bettany in prima linea e tutta una schiera che più lunga non si può di attori italiani: Bova, Boni, Pecci, Frassica e, dulcis in fundo, Christian De Sica, forse nel ruolo migliore della carriera, ed è tutto dire.
L'unica cosa che ci sembra apprezzabile, nonostante tutto, è proprio la regia, elegante e sontuosa (molto ben diretta la scena in treno, una Frecciarossa trenitalia che parte puntualissima come solo nei film), anche se talvolta banale nelle riprese di Venezia. Così poco non basta per togliere al film un meritato pollice giù. Probabilmente la cattiva riuscita risente anche dei numerosi problemi e diverbi nella pre-produzione.   

IL NASTRO BIANCO (2009)


  • TITOLO ORIGINALE: Das weiße Band
  • PRODUZIONE: Austria 2009
  • REGIA: Michael Haneke
  • CAST: Susanne Lothar, Ulrich Tukur, Joseph Bierbichler, Marisa Growaldt
  • GENERE: Drammatico
  • DURATA: 145 minuti
Vincitore della palma d'oro a Cannes nel 2009, il film ci ha ricordato il bellissimo Dogville. Entrambi sono ambientati in un piccolo villaggio in cui conosciamo le vite dei vari abitanti, sono raccontati dalla voce fuoricampo di uno di loro, mostrano  inesorabili le pecche della società e quelle insite nella natura umana. Eppure le due opere sono molto diverse.
In un paesino di fede protestante della Germania, all'inizio del secolo scorso e alla vigilia della Prima guerra mondiale, succedono fatti strani e inquietanti: il medico si fa male cadendo da cavallo per una corda invisibile tesa sul suo cammino, un bambino disabile e il figlio del barone vengono maltratti e picchiati, un altro si ammala di polmonite perché esposto al freddo. Si cerca la verità, ma nessuno la vede, o meglio non vuole vederla. Solo il mestro dell'unica classe del villaggio, tra i personaggi maggiori insieme al medico, al pastore e al barone con le rispettive famiglie, arriva fino in fondo, ma nessuno è disposto a credergli. Il finale rimane emblematicamente in sospeso.
Il film in un abbagliante e straordinario bianco e nero parla dei Padri che non vogliono vedere le colpe dei Figli perché questo implicherebbe venire faccia a faccia con le proprie resposabiltà, delle società colpevole e malata e dei Figli che per forza di cose non possono non essere quello che sono. Le tre figure principali del villaggio, di cui si è detto sopra, portavoci di un'etica rigida e severa, operano tutti forme di sopruso, oppressione e potere sui giovani, le donne, i più deboli. Quando i figli diventano ciò che essi stessi sono, ciò che hanno mostrato e tramandato, chiudono gli occhi; per loro la fanciullezza è l'innocenza del fiocco bianco con cui il pastore cinge il braccio del figlio ed i biondi capelli della figlia. Solo il giovane maestro, voce narrante, anni dopo, di questa vicenda aberrante, è portatore di una mentalità altra, fatta di rapporti personali limpidi e sereni come quello, amorevole e fresco, con la giovane fidanzata che arriva da un altro villaggio. Un grade film. Pollice su.
      

22 febbraio 2011

TAMARA DREWE (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Tamara Drewe
  • PRODUZIONE: Gran Bretagna 2010
  • REGIA: Stephen Frears
  • CAST: Gemma Arterton, Dominic Cooper, Luke Evans, Roger Allam
  • GENERE: Commedia
  • DURATA: 111 minuti
Tratto dal graphic novel di Posy Simmonds, a sua volta ispirato al romanzo Via dalla pazza folla di Thomas Hardy, Tamara Drewe, commedia nera britannica, è l'ennesimo ottimo film di Stephen Frears, che non sbaglia un colpo.
Tamara (Arterton) torna da Londra, con un naso nuovo e una bellezza prorompente, nel suo borgo natio, Ewedon, paesino sperduto nel Dorset. Porterà scompiglio e farà ruotare attorno a sé, come i moscerini con la fiamma, i maschi del posto: la sua vecchia fiamma, ora rozzo ma gentile tuttofare, Andy (Evans); un batterista rock, Ben (Cooper); lo scrittore di gialli di successo Nicholas Hardiment (Allam), che tradisce, con giovani ragazze come Tam, la moglie che si è sempre sacrificata per lui, che l'ha sempre sostenuto e aiutato, che ha reso quel posto di pace e natura un buon ritiro per scrittori. Alle cose, già di per sé complicate, aggiungono pepe Jodie, fan innamorata persa di Ben, e la sua amica. Ragazze annoiate e vivaci, creano agitazione e trambusto con frequenza giornaliere e fanno da commento disincattato alle vicende del film. E tutti i personaggi sono interpretati da un cast in piena forma, e avvenenza.
Si ride di gusto al ritratto di questa società broghese, dall'apparenza cristallina, ma in realtà fatta di invidie, tradimenti, gelosie e inganni, in cui nessuno si fa i fatti propri, ma è sempre pronto a sparlare degli altri, non accorgendosi dello sporco che alberga nella propria casa. Nessuno è senza macchia, come  mostra il grottesco colpo di scena finale, ci sono solo individui che sono più o meno cattivi, più o meno innocenti. Tutti mentono, così come fa lo scrittore nei suoi libri. Pollice su
   

IL TRUFFACUORI (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: L'arnacoeur
  • PRODUZIONE: Francia / Monaco 2010
  • REGIA: Pascal Chaumeil
  • CAST: Vanessa Paradis, Romain Duris
  • DURATA: 105 minuti
Due bellezze, Vanessa Paradis, moglie di Johnny Depp, e Romain Duris, sono i protagonisti di questa carina e divertente commedia francese.
Alex (Duris) e sua sorella sono specialisti nel rompere coppie consolidate, ovviamente su incarico di qualcuno che non vuole quell'amore. Sono anche eticamente responsabili perché non intervengono per motivi razziali o religiosi. A loro si rivolge il ricco padre di Juliette Van der Beck (Paradis) promessa sposa ad un inglese. Il problema è che hanno soltanto una settimana di tempo prima del matrimonio.
Tutta la prima parte è altamente divertente. L'inizio forse è la cosa migliore del film e il montaggio sincopato delle imprese del gruppo di spezza-cuori è ben riuscito. Il nostro si fa amare dalla ragazza della coppia da rompere per poi scomparire non appena il risultato è stato raggiunto. Successivamente, si ride anche di tutti gli stratagemmi che il protagonista mette in pratica per attirare l'attenzione della Paradis, per nulla entusiasta della sua presenza come guardia del corpo, farla innamorare e così mandare all'aria il matrimonio. Gli attori tutti sono simpatici, divertenti e freschi, e alla coppia Paradis-Duris fa da contrcanto quella, altrettanto divertente, tra la sorella di lui e il marito, anche lui partecipante alle loro imprese. L'ultima parte, invece, che racconta dello sbocciare e consolidarsi dell'amore vero tra i due protagonisti, è banale e maggiormente scontata, più lenta e noiosa, ma non inficia il giudizio complessivamente positivo sul film. Pollice su, dunque, per questa commendia che è niente di particolare, ma molto molto carina. 


17 febbraio 2011

ALICE IN WONDERLAND (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Alice in Wonderland
  • PRODUZIONE: USA 2010
  • REGIA: Tim Burton
  • CAST: Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway, Michael Sheen, Christopher Lee, Alan Rickman, Stephen Fry
  • GENERE: Fantasy
  • DURATA: 110 minuti
Come prendere un capolavoro della letteratura e farlo a pezzi. Sulla carta, l'incontro tra il regista visionario Tim Burton e l'opera di Lewis Carroll sembrava dover produrre fuochi d'artifico, invece ci ritroviamo con un film più simile alle Cronache di Narnia e ai fantasy contemporanei che ai romanzi di partenza, perdendo tutto ciò che li rendeva belli e attraenti.
Ispirandosi, come spesso è accaduto per le precedenti traspozioni, ad entrambi i libri con protagonista Alice, Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio, il film fa della bambina una bella fanciulla diciassettenne (Wasikowska), che, proprio quando riceve la proposta di matrimonio, si ritrova nell'Underworld, frequentato già da piccina, venendo in contatto con tutte i personaggi famosi dell'immaginario di Carroll, dal Bianconiglio al Cappellaio Matto (Depp). La vicenda, però, è del tutto diversa. La Regina Rossa (Bonham Carter) dalla testa troppo grossa ha usurpato il trono delle sorella minore, la Regina Bianca (Hathaway) dagli occhi teneri e dalla boccuccia dolce, che i genitori avevano sempre preferito. Alice, per mettere fine alla tirannia della prima e ripristinare il potere della seconda, dovrà affrontare il mostro Jabberwocky, triste adattamento di quello che era in origine un nonsense.
L'età più matura della protagonista permette un discorso sul passaggio alla vita adulta e uno, per dire, femmista contro le convenzioni che la società impone e sull'affermazione della propria identità, con un lieto fine proprio da film Disney: lei progetta rotte commerciali con la Cina, continuando così il lavoro del padre, senza che la scelta di rifiutare il matrimonio produca scontro; anzi, ottiene ricompensa seduta stante. Incredibile per il tempo in cui la storia è ambientata.
Il mondo delle meraviglie di Tim Burton sarà pure interessante, pieno com'è di strane creature e freaks, come lo strambo e malinconico Cappellaio di Depp o, soprattutto, la magnifica Regina Rossa, che, avendo sempre sofferto della mancanza di apprezzamento da parte dei genitori, che avevano occhi solo per la sorella, cerca l'affetto e l'amore con i mezzi sbagliati, vuole la testa di chiunque le capiti a tiro, capisce che è meglio essere temuta che amata; ma le cadute di stile sono dietro l'angolo: si veda l'orribile balletto assurdo in computer graphic di Depp.
La cosa che sconcerta maggiormente, tanto da far meritare al film il pollice giù, è proprio l'appiattimento della storia ad una qualunque vicenda fantasy à Le cronache di Narnia: ingresso casuale in un mondo fantastico; conoscenza di strani personaggi, alcuni amici, altri meno; conquista dell'arma e preparazione del protagonista; scontro finale; ripristino del mondo perfetto di un tempo.
L'unico autentico tocco burtoniano sta nella pazzia che sembra annidarsi ovunque, dal Cappellaio Matto finanche alla Regina Bianca, anche lei non esente da una strana e sinistra aura di insania. 
 

15 febbraio 2011

MAIN STREET (2010)

  • TITOLO ORIGINALE: Main Street
  • PRODUZIONE: USA 2010
  • REGIA: John Doyle
  • CAST: Colin Firth, Orlando Bloom, Ellen Burstyn, Amber Tamblyn, Patricia Clarkson
  • DURATA: 92 minuti

La prima cosa che ci si domanda vedendo questo pessimo film è come abbiano fatto attori importanti e del calibro di Firth, Bloom e Burstyn a finire in questo obbrobrio neanche distribuito nelle sale italiane. Per una volta i nostri distributori, di solito miopi, hanno visto giusto.
La vicenda - ma è da vedere se c'è veramente una storia - si svolge in una cittadina in decadenza del sud degli Stati Uniti, precisamente nella Carolina del Nord, dove arriva dal Texas il misterioso Gus Leroy (Flirth) che prende in affitto il magazzino della vecchia Georgiana (Burstyn) a corto di denaro. Quest'ultima e la nipote (Clarkson), turbate da alcuni loschi messicani che lavorano coll'uomo, scoprono che questi si occupa dello smaltimento di rifiuti tossici ed ha anche un piano per risollevare le sorti dell'intera comunità da sottoporre al sindaco. A questa trama si intreccia il rapporto del poliziotto Parker (Bloom) con l'aspirante avvocatessa Mary (Tamblyn). Lui, pur di compicere l'amata, prende lezioni serali di diritto, lei, invece, frequenta il suo capo, che, come scoprirà in seguito, ha moglie e figli.
Il film è semplicemente pietoso da tutti i punti di vista. La regia è inesistente, così come squallide sono la fotografia e le scenografie tanto che sembra di assistere ad un inutile film per la telivisione degli anni '90. La vicenda è poca cosa, senza grande senso e per nulla interessante, si trascina stancamente fino alla fine, in cui c'è il ribaltamento della visione, che diviene negativa, sul problema dei rifiuti tossici. Per tutto il film, infatti, pare che siano assolutamente innocui e anzi fonte di ricchezza e lavoro (si azzera la dissocupazione, dice Leroy per convincere gli amministratori) per chi si offre per lo smaltimento. Un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze nefaste farà cambiare idea a tutti e pure al tenebroso texano. 
Gli incedenti accadono, sembre dire il film mostrandoci le vicessitudini dei vari personaggi, ma la vera forza sta nel resistere e nell'andare avanti, capendo chi siamo e che cosa vogliamo davvero, perché dopo la pioggia c'è sempre il sole, come dice chiaramente e banalissimamente la scena di chiusura. Sorprende, infine, che in quest'opera senza dubbio alcuno da pollice giù, due americani del profondo sud siano interpretati da attori inglesi (Firth e Bloom) che quindi sfoggiano accentacci consoni al ruolo. Comunque l'unica cosa appena sufficiente è l'interpretazione di tutto il cast. 

14 febbraio 2011

500 GIORNI INSIEME (2009)


  • TITOLO ORIGINALE: (500) Days of Summer
  • PRODUZIONE: USA 2009
  • REGIA: Marc Webb
  • CAST: Joseph Gordon-Levitt, Zooey Deschanel
  • DURATA: 95 minuti
Ma quanto è carina questa commedia indipendente, lieve e delicata, rivelatasi al Sundance 2009?
Tom (Gordon-Levitt) pensa frasi per i biglietti, da quelli di auguri a quelli di condoglianze, e cade innamorato della nuova segretaria del capo, Summer (Deschanel). Lui la crede la donna della sua vita, non può farne a meno, con lei tutto è lieto e gioioso, senza di lei è lo sconforto e l'abbattimento; lei non crede nell'amore, è incostante e va a fasi alterne, e alla fine sposerà un altro. Infatti il film racconta - come dice il titolo originale - dei cinquecento giorni della loro altanelante relazione, che, come una stagione, l'estate, dopo i fulgori iniziale si stempera nell'autunno, ma lo fa in maniera casuale con continui andirivieni temporali in cui il conto dei giorni si perde.
Il film è delizioso, forse un po' furbetto, ma a noi non interessa, perché ci piace troppo. Marc Webb, regista di videoclip al suo primo film, tratteggia in maniera dolce e lieve una storia d'amore adolescenziale con i suoi vari stati, l'euforia e lo sconforto, la delicatezza e la delusione. La sua provenienza si nota non soltanto nello spezzattare la storia nelle varie giornate, ma anche nei riuscitissimi inserti che omaggiano il cinema del passato, dalla Nouvelle Vague al Laureato, al Settimo sigillo, fino ad una scena da musical, che fa impallidire quella, orribilmente paracula, del finale di The Millionaire, tutto legato da una colonna sonora da urlo.
I due giovani attori protagonisti sono freschi e carini, perfettamente in parte. In numerose scene sono tenerissimi, come quando, all'Ikea, si muovono tra i vari arredamenti fingendo di essere nel loro nido d'amore e finiscono a  baciarsi sul letto sotto lo sguardo di una famiglia di cinesi perplessi. Anche il cast di contorno è simpatico e tra tutti diverte la saggia sorellina di Tom, che, benché vada ancora a scuola, ha sempre un maturo consiglio  pronto per il fratello. Scorre veloce e limpida come un ruscello questa bella commedia da pollice su.   

11 febbraio 2011

INCEPTION (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Inception
  • PRODUZIONE: USA / Gran Bretagna 2010
  • REGIA: Christopher Nolan
  • CAST: Leonardo Di Caprio, Joseph Gordon-Levitt, Ellen Page, Marion Cotillard, Cillian Murphy, Michael Caine, Ken Watanabe
  • DURATA: 148 minuti
Una grandissisma delusione è questo ultimo film di Christopher Nolan, regista del meraviglioso The Prestige e dei recenti film su Batman. Tutte le promesse e le aspettative della vigilia non sono state mantenute.
Cobb (Di Caprio) è il più abile ladro di idee e segreti, strappati al soggetto nel momento di incoscienza durante il sonno. Dopo la missione fallimentare nel sogno dell'industriale Saito (Watanabe), proprio quest'ultimo gli propone il compito più ardito: immettere un'idea, invece che strapparla. Saito, infatti, vuole far nascere nella mente dell'erede della compagnia rivale (Murphy) l'idea di frammentare l'impero paterno. Cobb, benché conscio della difficoltà e del rischio dell'impresa, accetta perché questo gli permetterà di mettere fine all'eterna fuga che il suo lavoro gli ha imposto, tornando a rivedere i propri figli.
Assistiamo così alla preparazione del piano e al reclutamento del gruppo di supporto a Cobb, nel quale figurano il collega abituale Arthur (Gordon-Levitt) e la giovane architetta Ariadne (Page) che, dapprincipio spaesata, capisce subito le regole del gioco. È stata chiamata per progettare lo scenario dei vari livelli di sogno sui quali si svolgerà la missione. Il progetto deve rimanere celato allo stesso Cobb, perché la di lui moglie morta (Cotillard) torna spesso a mettere i bastoni tra le ruote.
Il film, dall'apparente complicatezza, scorre senza particolari guizzi o momenti che catturino l'attenzione. Numerose sono, sì, le scene d'azione, inguimento, scoppi e spari, ma non vanno al di là della loro più o meno buona riuscita fine a se stessa. Nessun personaggio è realemente tale, appassionante e con una personalità profonda. Per la maggior parte, eccetto forse il solo Cobb, le varie figure che popolano il film sono i soldatini del gioco del regista.
Un gioco che, come si diceva e contro l'idea generale promossa anche da chi ha fatto il film, non è per nulla complicato. I livelli in cui si articola l'opera sono, è vero, cinque, ma si sviluppano linermente uno di seguito all'altro e dopo che ogni livello si sia ben definito nella mente dello spettatore. I livelli del sogno, poi, sono di geometrica e lineare perfezione, del tutto simili alla realtà, governati da quasi le stesse regole. Non si complicano le cose, ma si mantiene l'ambiguità sogno-realtà. Infatti, il significato del film, alla fine, sfugge (volutamente!) e alimenta il dibattito proprio per questo e non per qualche presunta difficile e ardita costruzione narrativa. Non sappiamo se quello che per noi è il primo livello sia davvero la realtà o già sogno. Da qui le due teorie per cui o il film è realmente ciò che sembra o stiamo assistendo al sogno di Cobb in cui la vera missione sarebbe di fargli superare la perdita dell'amata moglie.
Pollice giù per questo gioco presuntuoso e davvero poco riuscito. Ridateci The Prestige
 

10 febbraio 2011

IL CIGNO NERO (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: Black Swan
  • PRODUZIONE: USA 2010
  • REGIA: Darren Aronofsky
  • CAST: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder
  • GENERE: Thriller
  • DURATA: 103 minuti
Mai capiremo come un film del genere di Black Swan, accolto (giustamente) maluccio alla scorsa Mostra di Venezia, possa ingannare i critici americani e mezza Hollywood con filosofia spicciola ed elementare, ricevendo pure candidature (5 ai prossimi Oscar) e premi (uno - regalato - per la migliore interprete femminile ai Golden Globes) in ogni dove, quando sarebbe dovuto cadere nell'oblio in uno schiocco di dita.
L'odiosa Natalie Portman interpreta la ballerina Nina, frignando per tre quarti del film. Aspettando da sempre il momento di emergere dal resto della compagnia, è finalmente contenta quando il coreografo pervertito Thomas (letto alla francese), interpretato da Cassel, le dà il ruolo da protagonista del Lago dei Cigni, consapevole che la ragazza, colla sua faccina delicata e il costume virginale,  è perfetta nei panni del Cigno bianco. Sarà altrettanto capace in quelli del Cigno nero? Nina, allora, per dimostrare di essere all'altezza, lascerà libero sfogo alle passioni, alle perversioni e al suo lato oscuro, sotto la guida del coreografo e di Lily, nuova ballerina rivale arrivata da Los Angeles, ovviamente pervertita all'ennesima potenza.
I personaggi e gli attori che li interpretano sono odiosi come poche altre volte. Depravati e psicotici tanto che lo spettatore si chiede perché, colla camicia di forza, ancora non stiano chiusi in qualche centro psichiatrico, non se ne salva uno che sia uno. Nina aveva la mania di graffiarsi colle unghie affilate e, da tanto brava che sembrava, si masturba perché lo dice Thomas e fa l'amore lesbico con Nina. Oltre a vedersela con questi due malati da ricovero a danza, pure a casa la nostra non se la passa proprio alla grande, perché neanche la madre, ex ballerina fallita, sta troppo bene di mente.
Il film ripropone temi quali quello del doppio, della parte oscura e torbida che si cela in ognuno di noi, della perfezione e bla bla bla in maniera del tutto superficiale e scontata. Nina, le cui due parti, quella bianca e quella oscura, sono in continua lotta, sarà danzatrice perfetta solo quando riuscirà ad accettare anche il lato nero di se stessa, anche se questo vuole dire la morte. Aronofsky che con temi del genere ci sguazza beato, dirige il tutto come se fosse un raccapricciante (per la bruttezza, of course) thriller con effetti e trovate da squallido b-movie horror. Pollice giù.

IL DISCORSO DEL RE (2010)


  • TITOLO ORIGINALE: The King's Speech
  • PRODUZIONE: Gran Bretagna / Australia 2010
  • REGIA: Tom Hooper
  • CAST: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter
  • GENERE: Drammatico
  • DURATA: 111 minuti 
It's 'Your Magesty', the first time. After that 'Ma'am', as in ham, not 'Ma'am', as in palm.
Ottimamente diretto e interpretato, Il discorso del re si presenta come la vera sorpresa di questa stagione dei premi e, sebbene riguardi la disabilità, non è il solito film pietoso e strappalacrime, anche perché parliamo della famiglia reale inglese.
Colin Firth interpreta magistralmente re Giorgio VI, padre dell'attuale regina Elisabetta, incoronato dopo la morte del padre, Giorgio V, e l'abdicazione del fratello maggiore, Edoardo VIII, che al trono preferisce l'amore per la pluridivorziata e americana Wallis Simpson, in un momento cruciale della storia d'Europa e del mondo: la vigilia della Seconda Guerra Mondiale con l'ascesa di Hitler e delle altre dittature, per cui lo scellerato e vanesio (così almeno è dipinto nel film) Edoardo, al pari della sua scandalosa compagna, sembra che provasse una certa ammirazione. Giorgio VI, quindi, si ritrova inaspettatamente  e improvvisamente fatto re e con un problema enorme, soprattutto nella nuova era della comunicazione globale e dei mass media (la radio): balbetta dannatamente, quando ci si aspetta che un sovrano parli bene, soprattutto al confronto dei dittatori suddetti che facevano della retorica la loro arma vincente. 
Grazie all'interessamento della moglie, la futura Regina Madre, una favolosa Bonham Carter, l'ancora Duca di York passa da uno specialista all'altro fino ad incappare in un australiano dai metodi poco ortodossi, Lionel Logue, un bravissimo Rush, che arditamente gli si rivolge da subito col nomignolo "Bertie", come lo chiamano soltanto i famigliari. Nonostante le diffidenze, le incomprensioni e la differenza di classe, tra i due nascerà un'amicizia per tutta la vita e che porterà il re, sotto la direzione e la guida di chi non è neanche un vero logopedista, ma un attore scespiriano fallito, a fare il discorso più importante e difficile di tutti, quello dell'entrata in guerra.
Il film ha il suo maggiore punto di forza nel trio d'attori, tutti assolutamente da Oscar. Firth è straordinario nel ruolo del re, di cui, oltre a renderne la balbuzie, ci mostra la fragilità e il senso d'inadeguatezza. Schiacciato da sempre dalle forti figure del padre e del fratello, ma anche tormentato nella fanciullezza dalla balia tremenda e costretto a scrivere, lui mancino, colla destra e a portare dei dolorosissimi correttori per rendere diritte le gambe, non si è mai pensato re e non si sente all'altezza quando arriva il momento di esserlo. Del sovrano, però, vediamo anche il lato irritabile e facile all'ira e l'alterigia del nobile nei confronti dell'uomo comune; ma, nonostante tutto, rotolerà per terra, si farà sedere sul petto la moglie e dirà pure le parolacce sotto la guida di quello strano e irrispettoso australiano. Geoffrey Rush  è controparte perfetta di Firth in duetti magistrali, spesso anche molto divertenti. Il suo personaggio diventa confidente e aiuto del re, gli dà forza, dissipa le sue paure, lo guida nello svolgere il suo compito gravoso. Helena Bonham Carter è divertente e affettuosa nel ruolo della moglie, che, sebbene anche lei inizialmente per nulla propensa alla vita di corte tanto da rifiutare per ben due volte il futuro marito nonostante il suo amore profondo, sarà, invece, regina perfetta e amata.
Il regista Hooper, che si era distinto per Il maledetto United e la miniserie, sul secondo presidente americano, John Adams, dirige con piglio fermo ed elegante, senza una scena di troppo, grazie anche alla sceneggiatura di ferro di David Seidler, che ha sofferto di balbuzie e quindi sa come trattare la materia. Ultima menzione anche per le scenografie, emblematica la stanza dalle pareti scrostate e quasi vuota in cui il re è costretto negli incontri con Logue, e il gli attori di contorno.  
Pollice su per questo film imperdibile che si è guadagnato meritatamente dodici candidature ai prossimi Oscar. E speriamo che ne vinca molti.