- TITOLO ORIGINALE: The King's Speech
- PRODUZIONE: Gran Bretagna / Australia 2010
- REGIA: Tom Hooper
- CAST: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter
- GENERE: Drammatico
- DURATA: 111 minuti
It's 'Your Magesty', the first time. After that 'Ma'am', as in ham, not 'Ma'am', as in palm.
Ottimamente diretto e interpretato, Il discorso del re si presenta come la vera sorpresa di questa stagione dei premi e, sebbene riguardi la disabilità, non è il solito film pietoso e strappalacrime, anche perché parliamo della famiglia reale inglese.
Colin Firth interpreta magistralmente re Giorgio VI, padre dell'attuale regina Elisabetta, incoronato dopo la morte del padre, Giorgio V, e l'abdicazione del fratello maggiore, Edoardo VIII, che al trono preferisce l'amore per la pluridivorziata e americana Wallis Simpson, in un momento cruciale della storia d'Europa e del mondo: la vigilia della Seconda Guerra Mondiale con l'ascesa di Hitler e delle altre dittature, per cui lo scellerato e vanesio (così almeno è dipinto nel film) Edoardo, al pari della sua scandalosa compagna, sembra che provasse una certa ammirazione. Giorgio VI, quindi, si ritrova inaspettatamente e improvvisamente fatto re e con un problema enorme, soprattutto nella nuova era della comunicazione globale e dei mass media (la radio): balbetta dannatamente, quando ci si aspetta che un sovrano parli bene, soprattutto al confronto dei dittatori suddetti che facevano della retorica la loro arma vincente.
Grazie all'interessamento della moglie, la futura Regina Madre, una favolosa Bonham Carter, l'ancora Duca di York passa da uno specialista all'altro fino ad incappare in un australiano dai metodi poco ortodossi, Lionel Logue, un bravissimo Rush, che arditamente gli si rivolge da subito col nomignolo "Bertie", come lo chiamano soltanto i famigliari. Nonostante le diffidenze, le incomprensioni e la differenza di classe, tra i due nascerà un'amicizia per tutta la vita e che porterà il re, sotto la direzione e la guida di chi non è neanche un vero logopedista, ma un attore scespiriano fallito, a fare il discorso più importante e difficile di tutti, quello dell'entrata in guerra.
Il film ha il suo maggiore punto di forza nel trio d'attori, tutti assolutamente da Oscar. Firth è straordinario nel ruolo del re, di cui, oltre a renderne la balbuzie, ci mostra la fragilità e il senso d'inadeguatezza. Schiacciato da sempre dalle forti figure del padre e del fratello, ma anche tormentato nella fanciullezza dalla balia tremenda e costretto a scrivere, lui mancino, colla destra e a portare dei dolorosissimi correttori per rendere diritte le gambe, non si è mai pensato re e non si sente all'altezza quando arriva il momento di esserlo. Del sovrano, però, vediamo anche il lato irritabile e facile all'ira e l'alterigia del nobile nei confronti dell'uomo comune; ma, nonostante tutto, rotolerà per terra, si farà sedere sul petto la moglie e dirà pure le parolacce sotto la guida di quello strano e irrispettoso australiano. Geoffrey Rush è controparte perfetta di Firth in duetti magistrali, spesso anche molto divertenti. Il suo personaggio diventa confidente e aiuto del re, gli dà forza, dissipa le sue paure, lo guida nello svolgere il suo compito gravoso. Helena Bonham Carter è divertente e affettuosa nel ruolo della moglie, che, sebbene anche lei inizialmente per nulla propensa alla vita di corte tanto da rifiutare per ben due volte il futuro marito nonostante il suo amore profondo, sarà, invece, regina perfetta e amata.
Il regista Hooper, che si era distinto per Il maledetto United e la miniserie, sul secondo presidente americano, John Adams, dirige con piglio fermo ed elegante, senza una scena di troppo, grazie anche alla sceneggiatura di ferro di David Seidler, che ha sofferto di balbuzie e quindi sa come trattare la materia. Ultima menzione anche per le scenografie, emblematica la stanza dalle pareti scrostate e quasi vuota in cui il re è costretto negli incontri con Logue, e il gli attori di contorno.
Pollice su per questo film imperdibile che si è guadagnato meritatamente dodici candidature ai prossimi Oscar. E speriamo che ne vinca molti.